Con 1,14 milioni di ettari dedicati alla coltivazione di olivi, di cui ben il 70% situati in aree montane e collinari, vale a dire in quelle aree interne del Paese a maggior rischio di abbandono e dove le opportunità economiche non sono così frequenti, l’Italia rappresenta uno dei principali produttori di olio d’oliva a livello globale, con una concentrazione significativa della produzione nelle regioni del Sud. E’ quanto emerge dallo studio realizzato da Nomisma per Veronafiere, in occasione della prima edizione di SOL2Expo.
A causa soprattutto degli impatti negativi dei cambiamenti climatici, il settore sconta un calo produttivo che ha visto ridursi l’offerta nazionale di olio d’oliva in maniera progressiva nell’ultimo decennio. In particolare, dal 2018 ad oggi, la produzione di olio d’oliva non è mai andata oltre le 370 mila tonnellate (rispetto alle oltre 560 mila di media ottenute tra il 2000 e il 2013). Ed è scesa del 26% a 244 mila tonnellate nell’annata 2024/25 secondo Ismea. Ciononostante, la filiera olivicola italiana si distingue per la qualità e la sostenibilità dei suoi prodotti con 42 Dop e 8 Igp riconosciute dall’Unione Europea.
Per quanto in lenta crescita (e comunque in controtendenza alla produzione complessiva), la produzione di oli Dop e Igp è arrivata oggi a pesare per il 6% su quella nazionale, contro il 2% di dieci anni fa. Anche per quella biologica, le superfici coltivate secondo questo metodo rispettoso dell’ambiente incidono per il 24% contro il 15% del 2013.
L’export di olio EVO dall’Italia raggiunge oggi 160 paesi con Stati Uniti, Germania, Francia, Canada e Giappone che concentrano oltre il 60% delle esportazioni italiane di olio extravergine di oliva. Gli Stati Uniti, in particolare, assorbono circa un terzo dell’olio EVO italiano esportato. Accanto all’analisi sul mercato, Nomisma ha realizzato per questa prima edizione di SOL2Expo un’indagine diretta su 1.000 consumatori italiani volta a comprendere opinioni e comportamenti di consumo di prodotti (food e non food) a base di olio di oliva, con un focus specifico sul ruolo che questi hanno in ambito sostenibilità e benessere nel percepito degli italiani.
Focalizzando in questa sede l’attenzione al consumo di olio d’oliva, dalla survey è emerso come per il 13% dei responsabili di acquisto dei prodotti alimentari, il fatto che il prodotto abbia effetti benefici sulla salute rappresenta il principale criterio di scelta; complessivamente, il 36% degli acquirenti ritiene che la funzionalità del prodotto in questo senso sia una caratteristica importante. In merito all’acquisto di olio extravergine di oliva, l’origine (considerata sia come provenienza italiana che da territori che vantano una certificazione Dop/Igp) guida la scelta di 4 consumatori su 10, prima del prezzo (18%) e della fedeltà alla marca (15%).
Per quanto riguarda invece l’identikit del “frequent user” di olio EVO (quelli cioè che lo acquistano almeno una volta al mese), l’indagine ha restituito il profilo di un consumatore che appartiene in maggioranza alle fasce generazionali di Gen X e Baby Boomers (over 45 anni) , residente nelle regioni meridionali del Paese, con figli e uno stile di vita che combina sostenibilità (ricerca di soluzioni sostenibili e a basso impatto ambientale in ogni ambito della vita), edonismo (ricerca del piacere e gratificazione personale) e una dimensione urbana (vita cittadina e legame con il territorio e tradizioni). Infine, accanto ai comportamenti di consumo di olio da parte degli italiani, la survey Nomisma ha messo in luce una molteplicità di valori che il consumatore italiano riconduce a questo prodotto. Le parole, infatti, che gli italiani associano maggiormente alla filiera olivicola – considerando sia la produzione a fini alimentari che per altri settori “no food” come la cosmesi – riflettono valori come “salute,” “sostenibilità” e “natura,” tre termini che rivelano una forte attenzione verso la cura personale e ambientale.
Fonte: (www.ilpuntocoldiretti.it)